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22 novembre 2007 / francesco

Pongologia

Io sono laureato in Scienze dell Comunicazione.

Si, lo ammetto, nel lontano 1999 mi iscrissi alla facoltà di Scienze della Comunicazione, all’epoca corso di laurea della facoltà di Sociologia all’Università La Sapienza. All’inizio, quando parlavo della mia facoltà era una tragedia. I più cortesi mi guardano con aria finto-interessata, perché, palesemente, non sapevano di cosa stessi parlando. Quelli più in la con gli anni, e in genere con una bassa scolarizzazione, pensavano ai cellulari. E io la a spiegare che quella, al limite, era ingegneria delle telecomunicazioni, e che io con frequenze elettromagnetiche, fasi, Gprs, Umts e altre sigle, difficilissime da pronunciare senza accattorciarsi la lingua, ebbene io con quella roba lì non avevo niente, o quantomeno pochissimo a che fare. Oggi, i più solidali mi guardano con sguardo compassionevole, come a dire, “Non preoccuparti, passerà…”. E poi, i più onesti che se ne escono con: “Ah, capisco. E quindi?”

I cinici mi citano una puntata dei Simpson in cui, da come sono riuscito a capire dal resoconto che me ne hanno fatto, la laurea in scienze della comunicazione spiega l'”inadeguatezza” (leggasi stupidaggine, nullità e chi più vuole andare in basso vada…) di un personaggio.

Col tempo, la reputazione di questa facoltà è andata decisamente deteriorandosi, anche a causa di un diffuso fraintendimento che equiparava Scienze della Comunicazione con “lavorare in tv”, alimentato dal fatto che nella mia facoltà insegnano certi noti professori. Già sapevo che alcuni la chiamavano “scienza delle merendine”, il che è abbastanza fantasioso, e, come vi potrebbe argomentare qualcuno che non esiterei a definire un tantino esaurito, non è del tutto falso. Non escludo che le innovative strategie di marketing di una qualche più o meno nota casa produttrice di merendine siano state, e siano in futuro, oggetto di tesi di laurea.

Ho sentito chiamarla “scienza del panino”, “fuffologia”. Quella che più mi ha divertito, però, è “pongologia”. Che, diciamocelo, esprime bene la “stima” e il riconoscimento per i cosidetti “comunicatori”: gente che a vent’anni e oltre farrebbe meglio a passare il tempo giocando con il pongo. A ben vedere, potrebbe risultare pure offensiva nei confronti di quei fini artigiani che con la plastilina ci fanno delle cose meravigliose. Come Jan Svankmayer, autore di opere come questa.


Oggi gli studenti e i laureati in Scienze della Comunicazione sono paragonabili a coloro che un tempo erano derisi, se non propriamente accolti da fischi e pernacchi, quando affermavano di fare l’ISEF. Perché già si immaginava che sarebbero finiti a leggere il Corriere dello sport durante l’ora di “ginnastica”, mentre gli alunni, i più fortunati, si accapigliano per una partita di pallone, i più furbi fumano.

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